Che l’industria videoludica, in particolare quella statunitense, navighi in cattive acque è ormai un fatto noto e la mannaia ha appena colpito anche i lidi di Respawn, punta di diamante di una Electronic Arts in forte crisi identitaria e alla disperata ricerca di nuovi successi. Lo studio con sede in California ha rilasciato un comunicato su “X” spiegando l’accaduto e parlando del futuro del team.

Tali notizie giungono dopo che una fitta serie di leak aveva circondato lo studio, alcuni dei quali presaghi delle notizie oggi rivelatesi fondate, e a seguito di una serie di pesanti insuccessi per EA tra cui Dragon Age: The Veilguard, Ea Fc 25 nonché un forte crollo di popolarità del battle royale Apex Legend.

Respawn in crisi

All’interno del post vengono annunciate le cancellazioni di due differenti progetti in incubazione, uno dei quali si vocifera fosse un fps multiplayer con conseguente licenziamento di oltre 100 membri dello staff. I recenti layoff seguono quelli dei già molteplici sviluppatori lasciati andare nel Marzo del 2024 e dipingono un quadro inquietante del futuro di Respawn.

Sono, ovviamente, presenti le classiche frasi di circostanza ove si esalta la difficoltà del gesto, si comunica che verrà offerto aiuto a coloro che hanno perduto l’impego e si rassicura riguardo i progetti ancora in ballo. Cionondimeno è impossibile non rendersi conto dello stato di estrema precarietà in cui ormai giace il mondo dei videogiochi.

Respawn continua, tuttavia, ad essere al lavoro su almeno due progetti, entrambi ambientati nel mondo di Star Wars che rimane tra le priorità dell’azienda, e garantisce continuo supporto ad Apex Legends che malgrado le ultime pessime notizie è ancora tra le IP più importanti di EA.

Da segnalare, inoltre, è qualche movimento in ambito direttoriale con Daniel Suarez che ottiene la posizione di manager generale subentrando a Vince Zampella, il quale rimane ugualmente alle redini dello studio e mantiene il ruolo di responsabile del futuro della serie di Battlefield.

Un industria che affonda?

Dal 2023 in poi si è assistito ad un ridimensionamento massivo dell’industria videoludica, in particolare americana, con inaspettate cancellazioni di progetti anche prossimi all’uscita e licenziamenti a tappeto in quasi tutti gli studi. All’inizio si parlava solo di un assestamento dopo il sovrannumero di assunzioni avvenute durante la pandemia, tuttavia, la realtà parrebbe essere differente.

I layoff, infatti, sono continuati ben oltre quanto fosse lecito secondo tale teoria e gli “aggiustamenti” all’interno delle software house si susseguono con tale frequenza da far pensare che in fondo non si stia aggiustando nulla. La situazione di Electronic Arts e in particolare quella di Respawn segue un copione già visto e spiega bene le piaghe che hanno condotto allo stato presente delle cose.

Lo studio Losangelino, innanzitutto, è succube del live service da cui è dipesa la maggior parte del suo successo. La necessità di mantenere Apex Legends costantemente aggiornato, soddisfacendo la bulimia contenutistica su cui tali titoli si fondano, non solo vincola buona parte del team al progetto ma provoca ripercussioni fortissime al minimo accenno di un calo di popolarità.

Pare quasi che i grandi publisher non pensino ai GaaS come meri prodotti a lunga durata ma come veri e propri giochi eterni, il cui obiettivo è di rimanere perennemente sulla cresta dell’onda e pertanto soggetti a investimenti sproporzionati. Eppure le crisi sono inevitabili e anche giganti come Ea Fc finiscono per subirle con reazioni estreme come queste.

Forse sarebbe meglio che le compagnie capissero quando staccare la spina, quando è giunto il momento che un live service si chiuda o si ridimensioni, quando è arrivato il tempo del pensionamento per Apex Legends e affini così che il team possa esplorare lidi nuovi. Invece si lotta non solo per mantenere tali opere in vita ma aumentarne sempre più il successo.

Respawn è una vittima, in fondo, vittima di una ricerca vana e volta allo scacco, di una lotta contro il tempo, di scelte manageriali che non colpiscono mai chi le compie. Ed è forse tempo che qualcosa cambi, poiché se non saranno le aziende ad adattarsi alla marea sarà essa, inevitabilmente, a travolgerle.

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