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Attualità

Chat del commando femminista sotto indagine: polemica su insulti e gogna digitale

La vicenda delle chat del presunto commando femminista sta scuotendo il dibattito pubblico italiano, dopo la pubblicazione di alcuni estratti condivisi dalla giornalista Selvaggia Lucarelli. Le conversazioni, finite al centro di un’indagine per stalking e diffamazione, coinvolgono un gruppo di attiviste accusate di aver preso di mira figure pubbliche con insulti ripetuti e campagne di delegittimazione online. Secondo la ricostruzione della Procura, i contenuti delle chat configurerebbero una vera e propria gogna digitale, con riferimenti offensivi rivolti a personalità come Michela Murgia, Liliana Segre, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la cronista Cecilia Sala. La pubblicazione degli estratti ha generato immediatamente nuove polemiche, amplificando l’eco mediatica dell’inchiesta.

Nel cuore del caso emerge anche il nome di Carlotta Vagnoli, attivista e influencer, che ha risposto duramente alle rivelazioni di Selvaggia Lucarelli. Vagnoli accusa la giornalista di aver usato metodi definiti “fascisti” per colpire e punire presunti nemici ideologici, ribaltando così la prospettiva sulla gogna digitale. La polemica si inserisce in un contesto già incandescente, in cui il confine tra denuncia pubblica e persecuzione mediatica appare sempre più sfumato. Le chat contestate contengono inoltre insulti diretti a Cecilia Sala proprio nei giorni in cui la reporter si trovava in carcere in Iran, aumentando la gravità percepita dell’episodio.

Secondo il pubblico ministero, i messaggi sarebbero parte di una strategia consapevole di pressione, basata su campagne online coordinate. Gli investigatori stanno analizzando il linguaggio utilizzato nelle chat del commando femminista per stabilire se fossero presenti elementi di istigazione collettiva. La questione investe anche il ruolo dei social network, diventati spesso teatro di scontri personali e attacchi organizzati. L’indagine per stalking e diffamazione punta a chiarire se il comportamento delle attiviste possa aver causato danni morali e professionali alle persone nominate.

La gogna digitale rappresenta uno dei principali nodi della discussione, con il mondo dell’informazione chiamato a interrogarsi sul limite tra diritto di critica e violenza verbale. Nel frattempo, la Procura prosegue le verifiche sugli account coinvolti e sulle conversazioni, mentre la opinione pubblica si divide tra chi difende la libertà di parola e chi invoca maggiore tutela contro gli abusi online. La vicenda accende nuovamente i riflettori sull’impatto del linguaggio d’odio, confermando quanto il digitale possa trasformarsi in un’arma incontrollata.

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